Dov'è la libertà?
Ti chiedevo ansante
Dov'è la fine della maschera?
Questa immensa canzone
Cantata a vanvera:
Le catene fanno la musica
Ma sono un groviglio
Tra amore e sensi di colpa
Dov'è la libertà?
Ti chiedevo ansante
Dov'è la fine della maschera?
Questa immensa canzone
Cantata a vanvera:
Le catene fanno la musica
Ma sono un groviglio
Tra amore e sensi di colpa
Dove eravamo quel giorno
Io imbalsamato tu capricciosa
Dove ci hanno ritratti
In quella foto color viola sbiadito
Dal mare tumultuoso del tempo?
E' un pezzo di vita insieme
Che ora chiama la nostalgia
Del non vederti più
Sorella perduta proprio quando
Ti ho ritrovata così sola
Sempre amata eppure dimenticata
Di me sembrava non avessi bisogno
Ma invece mi amavi come solo tu potevi
Con quella appartenenza profonda
Che ci univa e ci unisce ancora
Poi sei finita nel muro dietro il tuo nome
Un angelo ti sorregge il cuore alto
Libera finalmente dalle tue catene
Non più calpestata dai lacci del destino
Non sono stato io il sano
Rispetto a te ero quello che non capivo
Il dolore è come un gatto
che dorme sotto il letto
a volte apre un occhio
mi guarda sorridendo
e con un balzo s'accoccola
e dorme sul mio petto
non mi lascia respirare
però mi scalda il cuore
fa le fusa, forse mi ama
lo nutro, mi lecca il collo
si stira, mi artiglia
poi scappa di nuovo
e non lo vedo più
L'io a che serve? Oltre a identificarci come individui separati serve come rampa di lancio per imparare ad amare: l'amore autentico per se stessi è quello più importante e difficile da raggiungere.
Ci hanno relegato
Nella nostra nudità
Ed io che reclamo
Un vecchio debito
Una mancanza
Quando la distrazione
S'è fatta beffe dì me
Ero straniero
Nella mia terra
Volevo un sorso
Di latte buono
Ero indifeso
Ma già grande
Lottavo
Avevo un obiettivo
Scoprire la pasta strana
Di cui ero fatto
Quando scesi
Su questa palla azzurra
Un angelo mi portò
In groppa
Mi mise nel focolare
E il fuoco mi cauterizzó
Il piede destro
Necrosi totale
Disseccai
Come in catene
Era difficile parlare
Gli altri, elementi estranei
Avvoltoi nemici
Termini di paragone
Mi condannai senza pietà
Lo strano ero io
Con il ribrezzo delle croste
Trovavo una barriera
Il muro
Ma l'angelo mi guardava
Mi guidava ed io seguivo
Marco, Marco, Marco
Un nome che non conosco
Ancora adesso non so
Mi fa effetto strano il suono
Non ho nome piuttosto
Tendo all'anonimato
Ed è forse errore mio
Ma definirmi mi uccide
Non è la stabilità
La mia dimora
Piuttosto questo girovagare
Chiedermi, lucidarmi le scarpe
Ogni volta sporche di fango
Trangugiare veleni
Per riprovare a partire
Il tema è sempre quello
L'amore
Lo sento così fragile
Sto attento, mi muovo piano
È la ragione infinita
Per la quale vivo
Cerco di non fissarlo troppo
Si sciuperebbe
A volte lo osservo
Attraverso uno specchio
La sua sfericità
Mi uccide d'estasi
Questo è il tempo del non respiro
Di terminare una fase e liberarne un'altra
Di distruggere le case con troppe fondamenta
Aggregarsi fin che si può
E andare raminghi da qualche parte